Molto spesso mi trovo a discutere con persone che meditano
di iniziare la pratica marziale, o di abbracciare una nuova disciplina da
affiancare o sostituire alla loro; è sempre interessante notare come spesso ciò
che si cerca sia collegato alle fasi della vita, alla propria condizione, e
anche al sesso. Un ragazzo giovane,
probabilmente cerca qualcosa che lo aiuti a migliorare la sua autostima, magari
a costruirsi un’immagine vincente nell’ambito delle sua amicizie; un uomo
adulto, spesso cerca un’attività che gli consenta di ottenere o mantere una
buona condizione fisica; una donna, in genere ha come primario interesse la
difesa personale.
Ma questo è solo l’inizio: con il tempo, con la pratica, con
il prezioso effetto di amalgama del gruppo, con la possibilità di vedere anche
quando non si ha la voglia o il coraggio di praticare, le cose cambiano.
Ecco allora che il teenager che ha superato, allenandosi e
confrontandosi, le sue prime insicurezze, decide di mettersi alla prova in modo
più concreto: magari la prima piccola competizione, un confronto vero e non
collaborativo ma in un ambito di assoluta sicurezza;
la donna, che troppi film e video in circolazione avevano
illuso, comprende, provando, che il suo impegno dovrà essere massimo, curando
l’aspetto tecnico, ma anche fisico e strategico, di ciò che fa.
Un uomo adulto, che all’inizio si riteneva (magari a soli 30
anni) “troppo vecchio per certe cose” piano piano, oltre a curare la
preparazione fisica, indossa i guantoni, tira qualche calcio, e scopre che, seppur
con i suoi tempi e intensità, può allenarsi con gli altri e come gli altri.
Questi sono solo esempi, se ne potrebbero fare tanti altri,
uno per ognuno dei casi a cui ho assistito.
Nella W.C.R.A. questo fenomeno è notevolmente amplificato
dalla multidisciplinarietà: in genere,
infatti, la gente sceglie la disciplina che ritiene più adatta alle sue
esigenze, oppure siamo proprio noi a consigliarla in tal senso. Con il tempo,
come appunto abbiamo detto, le esigenze, le aspettative, cambiano; spesso, da
noi, questo si manifesta nell’abbracciare anche altre discipline rispetto alla
prima che si è scelta, a volte invece si decide di cambiare.
Una struttura organizzativa “flessibile” consente, a mio
parere, una crescita del praticante, che, volendo provare una cosa nuova, trova
sempre qualche compagno di pratica a guidarlo nei primi passi, e non deve
affrontare tutte le volte “l’ansia” della palestra nuova (che per qualcuno,
credetemi, è davvero un piccolo dramma).
Certo, a leggere queste righe, sembra che da noi tutti
facciano un po’ di tutto; non è così, fortunatamente!
Ci sono, per ogni settore, istruttori specializzati, alcuni
con esperienza decennale, alcuni più giovani; ci sono agonisti di vari livelli, dai pro agli amatori; però
ci sono tante persone che non sono, o non sono ancora, né agonisti né
istruttori, e, come in tutte le realtà, sono la maggioranza. Queste persone
possono provare, osservare, documentarsi e capire, con il tempo e con il
supporto dello staff di insegnanti e del gruppo, che la pratica marziale è un
lungo cammino, e a volte, durante i lunghi viaggi, il motivo per il quale si
continua il viaggio non è lo stesso per il quale lo si è iniziato.