lunedì 12 agosto 2013

Paolo Girone: "La sindrome di Mickey e Yoda" - articolo pubblicato su Try To Fight

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Allenatore professionista di arti marziali e allenamento funzionale, direttore tecnico della WCRA

"Nel mio lavoro mi capita spesso di incontrare persone che cercano dalle arti marziali o dagli sport da combattimento cose molto diverse; c’è l’appassionato, quello cresciuto (come me del resto) forse con troppi film, che vuole seguire un percorso lungo, che lo porti gradualmente ad acquisire maggior coscienza di sé, oltre naturalmente a delle sempre maggiori capacità di combattimento.
C’è poi chi, in genere un ragazzo con buone basi atletiche e piuttosto giovane, cerca il confronto, magari la competizione, che ama l’allenamento e le endorfine che esso produce.
Ho la fortuna di confrontarmi con un’umanità assolutamente eterogenea, nella mia doppia veste di “ coach” di sport da combattimento e di “Maestro” di discipline tradizionali. La cosa più sorprendente non è tanto il target spesso molto diverso che viene attratto da questi 2 universi, ma le diverse visione dell’insegnante che a questi universi si accompagnano: nelle arti tradizionali, kung fu su tutte, il Maestro è un po’ come Yoda .
Ve lo ricordate lo straordinario Maestro Jedi di Guerre Stellari? 900 anni di età, 60cm di altezza, ma più potente, abile e temibile di ogni altro Jedi. Così come in tutto il cinema cinese di kung fu che si rispetti, e nelle sue derivazioni americane, il più forte alla fine è sempre lui, il gracile , anzianissimo e saggio maestro, in genere dalla lunga barba bianca.
Ammetiamolo, questa visone romantica ci affascina, anche se , saggezza a parte, razionalmente comprendiamo che un 80enne difficilmente, e voglio essere buono, potrebbe aver ragione di un 20enne, oltretutto allenato a fedele allievo.
Eppure funziona, come mai? Per 2 ragioni , fondamentalmente: la prima è che credere nella possibilità di un miglioramento perpetuo, senza fine, di fatto dà speranza anche ai meno dotati e può essere molto motivante, la seconda è che questo tipo di visione garantisce una solida organizzazione gerarchica, e sappiamo quanto questo possa risultare importante in ogni tipo di comunità.

Negli sport da combattimento, diversamente, spesso l’insegnante è un po’ come il Mickey di Rocky: anziano, saggio anche lui, ma non certo imperturbabile e, soprattutto, assolutamente non proponibile come avversario di Rocky, neppure per un allenamento in palestra. Allo stesso modo, ad esempio, il grande Cus D’amato, che scoprì e lanciò Marciano e Tyson, di certo non ne fu lo sparring.

Abbiamo scelto 2 figure immaginarie, 2 esempi estremi, per rappresentare 2 visioni, 2 mondi, che possono davvero arrivare, nella realtà delle accademie, ad eccessi simili.
Ho conosciuto molti insegnanti di diverse discipline tradizionali che erano ritenuti assolutamente imbattibili dai propri studenti, ma forse dovrei dire seguaci; in realtà questa presunta imbattibilità era legata a “dimostrazioni” di abilità e controllo, ma soprattutto ad un abile indottrinamento dei propri allievi. In questo tipo di accademie, infatti, il confronto è assai limitato, e in ogni caso solo tra studenti dello stesso “rango”. Battere un allievo più anziano, evidentemente, causerebbe la messa in discussione di tutta la struttura gerarchico-organizzativa.
Il vero pregio di questo meccanismo, un vero e proprio multilevel direbbero gli esperti di marketing, è che chi è in alto, probabilmente dopo aver sborsato discrete cifre e per molto tempo, vede il suo status protetto, almeno finchè la sua fedeltà alla scuola, il suo impegno e il suo denaro non verranno meno…
Ho conosciuto diverse realtà di questo tipo, alcune di dimensioni internazionali, e di alcune ho fatto parte, molti anni or sono.
Negli sport da combattimento, a volte, ma non sempre, le cose vanno diversamente: il coach è appunto il tuo allenatore, ti allena, non è necessariamente il tuo termine di paragone né il tuo punto di arrivo.
Avete mai sentito dire che i grandi allenatori di calcio spesso non erano grandi giocatori e viceversa? Beh, in parte è così, perché l’atleta e l’allenatore hanno caratteristiche solo in parte comuni.
Certamente un coach che si rispetti deve aver fatto le sue esperienze per poter seguire con efficacia atleti, specie se di alto livello, ma il suo successo dipenderà da tanti altri fattori, ad esempio la capacità di motivare i propri atleti, oltre ovviamente alle sue competenze tecniche.
E se il coach ha 40, 50 o 60 anni, una giovane promessa di 20, in piena forma e magari più grosso e pesante, non si arriverà mai a pensare di “essere arrivato” mandandolo ko! Egli, si spera, comprenderà facilmente il valore di una guida , di un sostegno, di un docente, senza che questi si ponga su un piedistallo, sembri inarrivabile, insomma si comporti da Yoda.


Dopo tutto questo parlare, potrà essere spontanea una domanda: “ e tu? Tu come ti comporti?? Sei Yoda o Mickey per i tuoi?”
Io pratico arti marziali da 24 anni, e la mia visione (per fortuna!) è cresciuta con me : da adolescente, praticando solo discipline tradizionali, ero forse convinto che ci potessero essere degli Yoda, dei maestri che la pratica avesse portato alla assoluta perfezione. Ora sono certo che sia così, solo che la perfezione non è quella del valore in combattimento, che non può che decadere, ma della consapevolezza profonda dell’arte; così è , e non possiamo aspirare a nulla di più bello.
Quando mi sono avvicinato agli sport da combattimento ero alla ricerca di un confronto vero, duro, non filtrato da gradi, cinture ecc. ; ho trovato quello che cercavo, l’ho amato e ne sono diventato dipendente. Ho imparato tanto, tecnicamente e in termini di valori.
Con il tempo, da insegnante, ho cercato di avvinare questi 2 mondi, queste 2 parti di me.
Ho cercato di insegnare il kung fu, il wing chun kung fu, apparendo come una persona che si allena da tanti anni, che cerca sempre di imparare e migliorarsi, e che desidera avere allievi più bravi e più forti di lui! Che , almeno, cerca di fornire ai suoi allievi gli strumenti per diventarlo.
Negli sport da combattimento mi sento abbastanza in forma, nonostante gli anni passino, da essere “allenante” anche per i miei migliori atleti, e questo mi basta. Anche qui continuo ad aggiornarmi e a studiare sempre, e anche qui come nel tradizionale mi adopero per condividere tutte le nozioni con chi mi segue, ma alcuni di loro , magari più giovani o molto più pesanti, stanno diventando davvero degli ossi duri per me. So che il successo del mio lavoro non dipende e sempre meno dipenderà dal fatto che io possa o meno essere il più forte. Dovrò essere il più preparato, il più aggiornato, un buon manager ecc. , quello posso farlo.

Alla fine, di qui a 10 anni, avendo preso tristemente coscienza di non poter diventare Yoda, cercherò, sia nel tradizonale che negli sport da ring, di essere il miglior Mickey possibile."